Storia di Mondello e della Società Italo Belga

Un archivio lungo 100 anni. Un secolo di mappe, progetti, corrispondenza, documenti di ogni genere, dalle ricevute di requisizione dello Stabilimento durante le due guerre mondiali ai primi contratti per il servizio telefonico, quando i numeri di telefono avevano solo 5 cifre e nessun prefisso.

Un lavoro davvero certosino, seppur affascinante e sorprendente, che ancora è ben lontano dal dirsi semplicemente “a buon punto”, anche se quello fino ad ora svolto ha permesso agli autori Massimiliano Marafon Pecoraro e Gaetano Rubbino la pubblicazione del volume “L’Antico Stabilimento Balneare di Mondello”.

Su queste pagine virtuali, però, iniziamo fin da ora a raccontarvi Mondello, da prima che diventasse un pantano fino alla “stazione balneare di prim’ordine” immaginata nel 1906 e fino alla spiaggia che si è guadagnata, giusto quest’anno, la settima posizione nella speciale classifica delle locations più romantiche al mondo.

Si tratta comunque di un work in progress: non mancheremo di tenervi aggiornati sulle notizie ancora tutte da scoprire nell’immenso archivio della centenaria Italo Belga.

L’architettura dello Stabilimento

Lo stabilimento dei bagni è pensato come un grande padiglione galleggiante, quasi un’architettura effimera le cui aggettivazioni Art Nouveau, attingendo a un repertorio decorativo a tratti fantastico, accrescono il carattere onirico di un edificio la cui alterità è suggerita, peraltro, dalla passerella che lo collega alla terraferma marcandone, al contempo, la distanza, com’è consuetudine per questo tipo di realizzazioni.

L’impianto prevede una vasta piattaforma su piloni, immersi nell’acqua, al centro della quale sorge un corpo elevato per due livelli, aperto da grandi fornici a sesto ribassato (tripartiti secondo l’antico disegno delle cosiddette “finestre termali”) e serrato fra elementi d’angolo turriformi terminanti in eleganti torrette-belvedere ottagonali, coronate da cupolette a bulbo con asta portabandiera; i corpi laterali più bassi che ospitano la cucina del ristorante (a sinistra dell’ingresso) e il bar (a destra) sono raccordati al volume centrale dal profilo dello spiovente di copertura, dando vita ad una composizione molto equilibrata, ma dotata di una tensione ascendente che ne alleggerisce la perentoria simmetria. Il grande spazio centrale, occupato al suo interno da un Gran Salone-Café Restaurant e dai rispettivi servizi, si apre mediante una terrazza coperta sulla vasta terrazza semicircolare affacciata sul mare.

Due basse ali laterali ospitano più di 300 cabine a schiera disposte su quattro file il cui disegno, pur semplificato, richiama l’architettura generale del complesso, per esempio con l’espediente di ripetere, a scala ridotta, il disegno del fastigio che nel fronte a mare del volume principale reca la scritta Salus, pubblicità-promessa dei benefìci garantiti dai bagni di mare. Grandi scalinate sospese sull’acqua (due per ciascun ala sul fronte maggiore, una su quello minore) garantiscono l’accesso all’elemento liquido. Una volumetria analoga a quella del corpo centrale modella l’edificio dell’ingresso, aperto con un’ampia esedra verso via Regina Elena e sul giardino pubblico, e collegato da un pontile allo Stabilimento vero e proprio.

Costruito in muratura tradizionale e cemento armato, in fase esecutiva lo Stabilimento subisce alcune (e per certi versi decisive) trasformazioni rispetto al disegno originario, tanto da dovere ipotizzare l’esistenza di una seconda redazione del progetto della quale non è stato possibile rintracciare alcun elaborato, a meno pianta relativa alle palificazioni. Il padiglione d’ingresso viene sostituito da un’esedra monumentale, con un fornice maggiore architravato sull’asse del pontile e tre minori (anch’essi retti) per ciascun lato, che anticipa il partito architettonico dell’edificio principale ristabilendo gerarchie spaziali e proporzionali, ma anche introducendo una dimensione urbana quasi celebrativa, capace di mediare fra la concretezza del sistema strada/residenza e la dimensione sognante della città sospesa sull’acqua.

Quanto, in termini volumetrici, è stato sottratto all’edificio dell’ingresso viene restituito al corpo centrale, più ampio e stereometricamente riconducibile a un volume cubico ingentilito dalle grandi finestrature arcuate a sesto ribassato, tre sui fronti principali, una su quelli laterali. Le torrette angolari con terminazione a bulbo della prima redazione sono diventate veri e propri contrafforti necessari a contenere la “vaporosa” dilatazione del corpo centrale e conclusi in sommità da tre pilastrini svettanti prolungati verso l’alto da guglie metalliche con funzione di parafulmine/portabandiera. A conferma della vocazione “effimera” del progetto originario, il repertorio figurale cui attinge l’autore di questa nuova e definitiva versione dello stabilimento sembra essere quello dei padiglioni espositivi, per esempio quelli visti qualche anno prima alla grande Esposizione Universale di Torino del 1902; fregi con piastrelle di maiolica, finestre cieche circolari cinte da nastri annodati, pendenti filiformi di altezza digradante e terminanti in gocce, drammatici mostri marini modellati come capitelli in paraste appena accennate, il tutto esaltato dalla vivacità dei colori che un recente restauro ha restituito alle tonalità originarie.

In realtà del primitivo apparato decorativo, per quanto è dato apprezzare dai disegni conservati presso l’Archivio di Stato di Palermo, non è rimasto che il disegno dei ferri battuti, vicino al gusto della Secessione viennese.
Dal punto di vista strutturale, all’interno del volume centrale un “telaio” composto da quattro grandi arconi policentrici a sesto ribassato, a due a due uguali, incatena il vuoto centrale del Salone-Restaurant. Così come previsto nel progetto originario, le due ali destinate ad ospitare le fila di cabine a schiera sono concluse da due corpi ad “L” posti simmetricamente alle due estremità della piattaforma, sul fronte verso terra, per ospitare i servizi igienici, la lavanderia e la stireria. Ma una foto aerea del complesso databile alla seconda metà degli anni Venti mostra come a quella data, nell’ala nordoccidentale, risultasse non edificato lo spazio della piattaforma che avrebbe dovuto accogliere le due file centrali di spogliatoi, così da destinare a solarium la vasta area ricavata.

Indirizzo:

Via Calipso, 1/d - 90151 Palermo
Tel. +39 091 453033


Autobus:

bus 544 603 614


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